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Ricadute ambientali attese dal progetto BABILOC

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Il progetto propone un modello virtuoso di economia circolare e di prodotti innovativi e sostenibili applicati al contesto della filiera legno-carbone e di quello agro-alimentare.

I vantaggi della carbonella consistono nella creazione di una filiera a km zero, che evita importazione del prodotto dall'estero (oltreoceano). Quest’ultimo punto assume particolare importanza nell’ottica di contrastare le problematiche dovute al business dell’importazione del carbone vegetale dai paesi in via di sviluppo. In alcune aree, infatti, la deforestazione ed il relativo impoverimento del suolo sono proprio dovute alla produzione di biochar da legna. A differenza del mercato del pellet, soggetto a rigidi regolamenti, quello del carbone vegetale non è sottoposto ad altrettanti vincoli e non viene tenuto conto se il legname utilizzato è raccolto in modo sostenibile. La mancanza di regolamenti contribuisce a mantenere bassi i costi di produzione. Nei paesi in via di sviluppo la produzione di carbone vegetale è spesso associata a raccolta illegale ed incontrollata del legname a causa del libero accesso alle foreste, pessime condizioni sociali, sfruttamento della manodopera locale e notevoli rischi per la salute e per l’ambiente, in quanto questi processi sono spesso svolti in rudimentali impianti, a volte in semplici fosse scavate nel terreno, nei quali non esiste il benché minimo controllo sulle emissioni. Ciò porta non solo ad un inefficiente sfruttamento delle risorse, ma anche ad un mancato sviluppo delle tecnologie adottate per la carbonizzazione: i costi di investimento per migliorare i “reattori”, adottando ad esempio forni metallici e camini per il controllo delle emissioni, sono totalmente disincentivati se il legname rimane una risorsa pressoché gratuita. Non ultima, la produzione di carbone è associata alla generazione di calore rinnovabile ad alta temperatura, disponibile per molteplici impieghi decentralizzati in ambito agricolo-forestale.

Per quanto riguarda l’uso agronomico, il biochar è oggetto di grande interesse in questi tempi. Tuttavia, l’idea di applicare materiale stabile carbonizzato nel suolo per incrementarne la fertilità risale a tempi molto antichi; il fenomeno più rappresentativo di questa tecnica è rappresentato dalla cosiddetta terra preta do indio. La “Terra Preta” è un suolo fertile ricco di materiale carbonioso che occupa più di 50 mila ettari di terreno nell’amazzonia centrale ed è il risultato dell’attività umana risalente a 500 – 2000 se non addirittura a 7000 anni fa. I principali vantaggi agronomici ed ambientali dello spargimento di biochar in campo riguardano l’incremento della fertilità del suolo tramite il miglioramento delle sue proprietà fisiche, chimiche e biologiche, quali:

- Struttura meccanica, densità e tessitura

- Porosità ed areazione

- Capacità di ritenzione idrica

- Aumento del pH nei suoli acidi

- Capacità di scambio cationica ed anionica

- Apporto di nutrienti e diminuzione della lisciviazione degli stessi

- Maggior efficienza del ciclo dell’azoto

- Apporto di carbonio di matrice organica, recalcitrante

- Habitat ideale per lo sviluppo di microrganismi

Tutti questi aspetti convogliano in un risultato globale, in ambito ambientale, molto importante: l’aumento della resilienza dei suoli nel contesto dei cambiamenti climatici e, conseguentemente, l’aumento della resistenza dei suoli alla desertificazione. Inoltre, l’utilizzo del biochar in agricoltura può dar luogo, se correttamente gestito, ad un’economia non solo a zero emissioni serra, ma addirittura carbon negative. Durante la sua vita, la biomassa vegetale cattura l’anidride carbonica dall’atmosfera, immagazzinandola sotto forma di carbonio e con il processo di carbonizzazione si rende stabile buona parte di questo. Lo stoccaggio di carbonio a lungo termine nei terreni permette quindi di prevenire la sua mineralizzazione a CO2, limitando e contrastando così l’effetto serra ed il conseguente cambiamento climatico. Data la complessità del concetto carbon negative, molti dubbi sussistono riguardo al suo effettivo impatto e sostenibilità a livello globale; tuttavia un altro ruolo del biochar nel ridurre la nostra impronta di carbonio sul clima sta nel fatto che esso può essere un valido sostituto della torba, materiale di derivazione fossile ampiamente utilizzato in campo vivaistico e destinata al phasing-out secondo le più recenti Direttive Comunitarie.

Le precedenti considerazioni possono essere applicate allo stesso modo al COMBI che applicato al suolo apporta grandi quantità di carbonio (sia quello recalcitrante del biochar che contribuisce allo stoccaggio al suolo, sia quello organico labile, diretto contributo dall’utilizzo del compost). Deve essere sottolineato come, oltre all’apporto di sostanza organica, macronutrienti e micronutrienti, il suo processo produttivo, con l’aggiunta del biochar, migliori la qualità e l’efficienza del processo stesso di compostaggio (rispetto ad un compost prodotto con metodo classico), riducendone le tempistiche di produzione e soprattutto abbattendone le emissioni dei gas serra, di ammoniaca e di odori, gas che vengono assorbiti e trattenuti dal biochar presente nella miscela.

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